Il feedback è uno degli strumenti più potenti per favorire crescita, apprendimento e allineamento nelle organizzazioni.
Eppure, nonostante tutti ne riconoscano l’importanza, continua a essere una pratica poco diffusa e spesso poco efficace.
Perché?
Un po’ perché non è facile farlo bene, ma anche perché molte persone non vengono formate per darlo – né per riceverlo – in modo costruttivo.
E senza una cultura del feedback autentica e diffusa, anche i migliori progetti di cambiamento rischiano di fermarsi prima di produrre risultati concreti
Feedback e coaching: due leve del cambiamento
Nei progetti di change management culturale, due sono i momenti chiave per aiutare chi deve “mettere a terra” il cambiamento comportamentale:
- il feedback, e
- la discussione di casi concreti, attraverso momenti di coaching o confronto su successi e difficoltà reali.
Le persone, per cambiare, hanno bisogno di capire che cosa devono fare di diverso e di avere punti di riferimento chiari sul comportamento atteso.
Molti leader, invece, danno per scontato che i collaboratori sappiano tradurre da soli i messaggi aziendali in azioni quotidiane.
Ma non è così: serve chiarezza, dialogo e feedback mirato.
1. Saper osservare senza giudicare
Saper osservare è la base di ogni feedback efficace.
Osservare significa descrivere comportamenti concreti, mentre giudicare significa interpretarli o etichettarli.
Vediamo due esempi tratti dalla scena “Stiamo costruendo una cattedrale” del progetto Il cinema insegna, ambientata in un ospedale, nel pronto soccorso, dove i personaggi di Mario Sardoni e Fanti incarnano due modelli opposti di leadership medica.
- Mario Sardoni – Leadership direttiva e colpevolizzante
Esempi di osservazione (fatti descrittivi):
“Mario entra nel pronto soccorso parlando a voce alta e chiedendo chi sia il responsabile del ritardo nella gestione di un caso.”
“Interrompe un medico mentre prova a spiegare le cause del problema.”
“Alza il tono e dice frasi come ‘Chi ha sbagliato?’ o ‘Non è possibile che succeda ancora!’.”
“Evita di esplorare soluzioni e si concentra nel capire chi sia il colpevole.”
Esempi di giudizio (valutazioni soggettive):
“Mario è autoritario.”
“Cerca sempre un capro espiatorio.”
“È un capo che umilia le persone."
Nel primo gruppo di frasi descriviamo ciò che accade, nel secondo esprimiamo opinioni.
Solo il primo approccio permette di fornire un feedback utile, basato sui fatti e non sulle emozioni.
- Fanti – Leadership ispirata dal proposito più alto della professione medica
Esempi di osservazione (fatti descrittivi):
“Fanti saluta i colleghi per nome e si ferma ad ascoltare la loro opinione.”
“Durante il briefing chiede ‘Cosa possiamo imparare da quello che è successo?’ anziché ‘Chi ha sbagliato?’.”
“Riconosce l’impegno del team e ringrazia chi segnala un errore, definendolo ‘un’opportunità per migliorare’.”
“Collega le azioni quotidiane dei medici al senso profondo del loro lavoro: prendersi cura delle persone, non solo curare la malattia.”
“Motiva attraverso il proposito più alto della professione medica, ricordando che ognuno di loro è lì per salvare vite e che questo rende ogni sforzo, anche allo stremo delle forze, pieno di senso.”
Esempi di giudizio (valutazioni soggettive):
“Fanti è empatico.”
“È un leader illuminato.”
“Sa motivare le persone.”
Fanti motiva facendo leva sul significato profondo del lavoro medico, aiutando i colleghi a riconnettersi con il loro “perché” più autentico.
Mario, al contrario, utilizza il feedback per cercare colpevoli, alimentando paura e distanza.
La differenza sta tutta nel tipo di osservazione che il leader fa e nel modo in cui la restituisce.
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2. Dare feedback con il modello STAR + domanda di coaching
Per rendere il feedback chiaro, concreto e utile, è efficace usare il modello STAR, che organizza la comunicazione in quattro passaggi:
S – Situation: descrivi il contesto.
T – Task: chiarisci l’obiettivo o il compito.
A – Action: indica il comportamento osservato.
R – Result: condividi l’impatto o il risultato
- Feedback STAR a Mario Sardoni
S (Situation): Durante il briefing di inizio turno in pronto soccorso…
T (Task): …il tuo obiettivo era analizzare un errore di processo, individuare soluzioni per evitarlo in futuro e motivare le persone in una situazione di particolare fatica.
A (Action): Hai aperto la riunione chiedendo chi fosse il responsabile dell’errore e hai interrotto i colleghi che cercavano di spiegare le cause. Ti sei concentrato sulla ricerca dei colpevoli più che sulla comprensione del problema.
R (Result): Il team si è chiuso in silenzio, nessuno ha più condiviso informazioni, e si è creata una sensazione di paura, distanza e disingaggio.
Domanda di coaching:
“Come pensi che sarebbe cambiata la discussione se ti fossi focalizzato sulle cause invece che sui responsabili?”
- Feedback STAR a Fanti
S (Situation): Durante il debriefing di fine turno in pronto soccorso…
T (Task): …il tuo obiettivo era analizzare un caso complesso e trarne insegnamenti per il team.
A (Action): Hai ricordato a tutti che lo scopo del nostro lavoro è salvare vite e che per questo hanno scelto di fare il medico, nonostante la fatica, soprattutto in situazioni di emergenza come in un pronto soccorso.
R (Result): I colleghi si sono rimotivati e, all’arrivo di nuovi pazienti, si sono attivati con rinnovato entusiasmo e senso di scopo.
Domanda di coaching:
“Cosa pensi abbia reso così coinvolgente la tua comunicazione?”
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3. Imparare non solo a dare, ma anche a ricevere feedback
Saper dare feedback è importante.
Ma saperlo ricevere lo è altrettanto.
La reazione al feedback è ciò che determina se diventerà un’occasione di crescita o una barriera difensiva.
Reazione positiva: “Grazie, mi aiuta molto vedere le cose dal tuo punto di vista.”
>> La persona vede il feedback come uno specchio per migliorarsi.
Reazione negativa: “Non è vero, quella volta era diverso…”
>> Emergono giustificazioni e irrigidimento, e l’apprendimento si blocca.
Ricevere feedback richiede umiltà, curiosità e la volontà di imparare da come si è percepiti.
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4. Chiedere feedback: il gesto che accelera la cultura del miglioramento
Non basta aspettare che qualcuno ci dia un feedback: bisogna imparare a chiederlo.
Chiedere feedback ha tre effetti potenti:
- Attiva la proattività: comunica apertura all’apprendimento.
- Abbassa le difese: un feedback richiesto è percepito come fiducia, non come critica.
- Accelera la cultura del miglioramento: rende il confronto una pratica naturale.
Perché è utile chiedere feedback?
- Aiuta a vedere i propri punti ciechi
- Stimola consapevolezza e crescita continua.
- Costruisce relazioni di fiducia reciproca.
Conclusione
Il feedback non è un atto di giudizio, ma un dialogo generativo.
Darlo bene richiede chiarezza e intenzione costruttiva; riceverlo bene richiede apertura e coraggio.
Chiederlo, infine, significa scegliere di crescere.
Quando in un’organizzazione si impara a dare, ricevere e chiedere feedback, si costruisce un ambiente dove le persone non temono di sbagliare, ma imparano ogni giorno a migliorare — e dove è possibile trovare punti di riferimento concreti su come rendere operativo un cambiamento.